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lunedì 27 giugno 2016

Brexit, le conseguenze per l’Italia

Mercati a picco, Borse sotto shock, Sterlina debole, effetti domino sulle esportazioni, rischi per il turismo: tutte le conseguenze sull'Italia nel dopo Brexit.

Il problema più immediato è di ordine finanziario con le Borse che crollano, ma nel medio periodo bisognerà fare i conti con le altre conseguenze della Brexit, che per le imprese italiane si riflettono in primis sull’Export e sulle strategie di  aziende condelocalizzazioni in Gran Bretagna. In vista, sostanziali cambiamenti anche per gli Italianiche lavorano oltre Manica, i quali perdono i vantaggi riservati ai cittadini comunitari. Ma tutto questo si risolverà nel tempo con normative e trattati ad hoc, nel frattempo tutti possono stare tranquilli.
Al di là al terremoto politico con le dimissioni di Cameron, lo scossone vero al momento è quello finanziario. Se le Borse crollano, la Sterlina precipita: Piazza Affari ha fatto fatica ad aprire, i titoli del paniere principale, il FTSE Mib, hanno avuto difficoltà a fare prezzo. Apertura a -11% (difficile trovare un precedente), tutti gli indici europei lasciano sul terreno almeno il 5-6%. Titoli finanziari in caduta libera, a Milano le banche lasciano sul terreno quasi il 20%.
Spettro crisi
Dunque, il primo vero impatto della Brexit riguarda i mercati e sarebbe un errore sottovalutarlo: ma davvero si rischierebbe unanuova crisi finanziaria, paragonabile a quella seguita al crollo di Lehman Brothers? E’ questa la domanda che  preoccupa tutti.
L’Europa da qualche anno è impegnata in un’opera di rafforzamento del sistema bancario, che metta gli istituti finanziari nelle condizioni di resistere agli shock. Gli effetti  Brexit sul sistema finanziario europeo si vedranno  nei prossimi giorni: il settore riuscirà a sollevarsi? C’è il rischio di una nuova crisi mondiale? La vera domanda è questa e riguarda l’effetto sistemico della Brexit. In gioco, c’è la sopravvivenza dell’Europa (anche della moneta unica?).
Delocalizzaione
Nel frattempo, si fa i conti con le questioni che si aprono nell’immediato. Il problema numero uno per le imprese è certamente rappresentato dalla Sterlina. Per chi ha filiali in Gran Bretagna, o comunque lavora in sterline, significa pagare di più le materie prime.
Esportazioni
Ma per tutte le imprese che esportano in Euro, significa  uno svantaggio competitivo, in primo luogo sul fronte delle esportazioni in Gran Bretagna, in secondo luogo sui mercati internazionali rispetto alla concorrenza britannica. Uno studio Nomisma segnala che per l’Italia:
«il Regno Unito pesa per il 5,4% dell’Export, quasi tutto è composto da prodotti delmanifatturiero. Considerando i singoli comparti, si va dal minimo di 0,2% del tabacco al massimo del 13% delle bevande e del 10% dei mobili». Secondo S&P l’Italia è comunque fra i paesi europei meno esposti alla Brexit (al 19esimo posto su una classifica di 20 paesi).
Tornando all’analisi Nomisma, la regione italiana più esposta è la Basilicata, che esporta in Gran Bretagna il 16% del totale, a causa soprattutto della Jeep Renegade prodotta negli stabilimenti di Melfi. Seguono il manifatturiero dell’Abruzzo (10,6% di esportazioni verso la Gran Bretagna, per €778 mln) e l’agricoltura e pesca della Campania (12,6% e €55 mln).
Turismo
Non si escludono ripercussioni sul fronte del turismo: la Gran Bretagna è il quarto mercato di provenienza in Italia, con 3,1 milioni di arrivi e 11,9 milioni di presenze; i turisti britannici sono gli Europei che spendono di più in termini di spesa giornaliera pro-capite (123 euro al giorno). Bisognerà dunque vedere quali saranno gli effetti della Brexit sia sui loro arrivi sia sul loro potere d’acquisto

mercoledì 22 giugno 2016

SAN FELE PROCEDURA DI APPALTO DA RIFARE


Michele Sperduto ha scritto su FACEBOOK
"Quello che scrive Sebastiano ,nasconde un pezzo di verità e una grande confusione. Premesso che per denunciare un abuso o un'anomalia nelle procedure di appalto ,bisogna che qualcuno lo denuncia,come in questo caso un imprenditore che dice di non essere stato chiamato al momento di aprire le buste. Se questo è vero è sicuramente è vero la procedura va annullata senza se e senza ma. Su questo il Sindaco già parecchi giorni fa ha dichiarato che la procedura sarà annullata tant'è che non si è proceduti a sottoscrivere il contratto con la società vincitrice.Non so se di questo l'imprenditore Tomasulo era già a conoscenza.In una chiacchierata informale con l'amico Sebastiano( che anch'io stimo )avvenuta nei giorni scorsi,credo che questo mio pensiero ho avuto modo di affermarlo e cioè che la procedura non era regolare e bene faceva a denunciarlo. 
Perchè  sui sistemi di appalto e sulla trasparenza in materia di assegnazione di incarichi non ci sono e non ci possono essere posizioni ondivaghe oggi si e domani no.Detto e chiarito questo arriviamo alla confusione:La vendita paventata del chiosco di Pozzo di Nitti meritava una risposta decisa ed anche pubblica attraverso stampa ,perchè in quel caso si trattava di alienare un bene pubblico,quale il chiosco di Pozzo di Nitti a favore di privati.L'area di Pozzo di Nitti è e deve rimanere pubblica. Il rammarico è che ad oggi 22 giugno 2016 e siamo in piena estate,( venerdì 24 giugno è previsto l'arrivo di un pullman bipiano con pranzo al sacco a Pozzo di Nitti ),ancora non è avvenuto l'affidamento della gestione dell'area ,per ritardi e per le " leggerezze " di questi giorni da parte dell'Ente Comunale,considerato che l'anno scorso con i flussi di visitatori arrivati a San Fele e la gestione dell'area di Pozzo di Nitti si è appalto un grande esempio di ospitalità ed accoglienza da parte della comunità di San Fele.L'auspicio che il comune proceda quanto prima a regolare l'anomalia della gara e procedere velocemente ad una nuova gara per l'affidamento della gestione dell'area Pozzo di Nitti. Di tutto questo invito chiunque a leggere la lettera che come associazione è stata fatta in occasione della paventata vendita),dove un forte richiamo riguardava esattamente di procedere quanto prima e con procedure trasparenti all'affidamento dell'area di Pozzo di Nitti."


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lunedì 20 giugno 2016

Riforma Pensioni: Opzione Donna vs APE

Con l'Opzione Donna si va in pensione prima ma il taglio pensione può superare il 30%, con l'APE si aspetta di più e la decurtazione arriva al 20%: confronto in vista della Riforma Pensioni.




Una lavoratrice dipendente che ha compiuto 57 anni nel 2015, ha la possibilità di andare in pensione anticipata con l’Opzione Donna nel 2016, mentre invece non rientra nella fascia di età che potrebbe utilizzare le nuove misure di flessibilità in uscita in preparazione per il 2017, per esempio l’APE, l’anticipo pensionistico: quindi, se non va in pensione quest’anno, anche con la Riforma Pensioni in preparazione, potrebbe non avere altre finestre per almeno cinque o sei anni (il condizionale è d’obbligo, non si esclude che l’Opzione Donna venga prorogata anche nel 2017).

=> Calcolo pensione anticipata con l’APE: le simulazioni

Vediamo comunque quali sono tutti gli elementi che la lavoratrice ha a disposizione per decidere fra Opzione Donna e APE, in base alle informazioni finora ad ora disponibili su questo nuovo strumento di flessibilità in uscita allo studio, sul quale si sta concentrando a prima fase del negoziato governo-sindacati sulla Riforma Pensioni. Il confronto è utile anche per valutare la differenza fra due strumenti per la pensione anticipata, uno già in essere e disponibile solo per le lavoratrici, l’altro allo studio, anche e soprattutto alla luce del dibattito sulla decurtazione della pensione.
Innanzitutto, identifichiamo la platea di lavoratrici interessate: l’Opzione Donna prevede 35 anni di contributi e 57 anni e tre mesi di età per le lavoratrici dipendenti, maturati entro il 31 dicembre 2015. In base alla Legge di Stabilità 2016, possono continuare ad accedere a questa forma di pensione anticipata le lavoratrici che hanno maturato il requisito entro la fine del 2015, anche se non hanno ancora presentato domanda. In prati,ca possono accedere all’Opzione Donna le lavoratrici nate entro il 30 settembre del 1958.
L’APE, anticipo pensionistico, invece, sarà utilizzabile a tre anni dalla pensione di vecchiaia, quindi a 63 anni e tre mesi, a partire dal 2017: riguarderebbe quindi, nel 2017 i lavoratori (uomini o donne, indifferetemente), nati dal 51 al ’53, nel 2018 i nati nel 54, nel 2019 i nati nel 1955. Come si vede, la differenza di età è notevole, alle lavoratici con l’Opzione Donna viene offerta una possibilità di pensionamento con molti più anni di anticipo.

=> Pensione anticipata dal 2017: requisiti e calcolo APE

Ecco come questo gap si riflette sulla misura del taglio pensionistico: più consistente con l’Opzione Donna, che prevede un calcolo interamente contributivo della pensione, determinando di fatto un taglio intorno al 25-30% del trattamento pieno. In realtà, con il crescere dello stipendio aumenta anche il taglio che la pensione subisce: una lavoratrice che guadagna 60mila euro l’anno, scegliendo l’Opzione Donna può perdere fra il 35 e il 40% della pensione, sostituendo il sistema misto con quello puramente contributivo.

=> Pensioni: INPS su Opzione Donna e penalizzazioni

Con l’APE, invece, il taglio della pensione avviene in base a un meccanismo totalmente diverso: il lavoratore percepisce un trattamento, per gli anni che mancano alla pensione di vecchiaia, che rappresenta un anticipo pensionistico, che poi restituirà con un piano di ammortamento 20ennale. La decurtazione, quindi, dipende dall’importo dell’anticipo, che sale con gli anni di prepensionamento (che possono essere al massimo tre). Secondo i primi calcoli degli analisti, la penalizzazione massima, con tre anni di anticipo, è intorno al 20-25%. Attenzione, però, allo studio c’è anche un meccanismo di detrazioni che alleggerisce il pezo della decurtazione, fino ad azzerarla per i redditi più bassi. Sulla consistenza e la modulazione di queste detrazioni non si sa nulla di preciso, quindi non si possono fare calcoli.

=> Riforma Pensioni: calcolo APE in attesa delle detrazioni

Si può prendere però come riferimento un reddito medio alto, che con l’Opzione Donna subisce un taglio anche superiore al 30%, mentre con l’APE (ipotizzando uno scarso peso della detrazione applicabile) lo riduce intorno al 20%.


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domenica 19 giugno 2016

Guida Fare Casa: credito e agevolazioni fiscali



Garanzie sul mutuo, leasing immobiliare, agevolazioni per acquisto e ristrutturazione immobili, bonus mobili, prestito ipotecario: Guida "Fare Casa" del Mef.





Tutte le agevolazioni per l’acquisto o affitto di immobili previste dalle più recenti normative sono riassunte e analizzate nella Guida “Fare Casa”, presentata  dal Ministero dell’Economia per fare il punto su tutti gli strumenti attivabili e sul loro impatto. 




Agevolazioni fiscali


La Legge di Stabilità ha prorogato Bonus Energia, Ristrutturazioni e Mobili fino al 31 dicembre 2016. In particolare:


detrazione del 65% per interventi di riqualificazione energetica su singole unità immobiliari, parti comuni dei condomini, immobili strumentali. Dal 2017 l’agevolazione sarà sostituita da quella sulle ristrutturazione edilizie (al 36%).


  • bonus ristrutturazioni, strutturale al 36%, per il 2016 al 50%, con tetto di 96mila euro di spese per unità immobiliare.
  • bonus mobili al 50% fino a un tetto di 10mila euro, per acquisto arredi ed elettrodomestici destinati a immobili oggetto di ristrutturazione agevolata.
    La Legge di Stabilità ha introdotto un secondo bonus mobili al 50%, destinato invece alle giovani coppie che acquistano casa: destinato a coniugi o conviventi da almeno tre anni, con la legge Cirinnà, nell’attesa dei chiarimenti ministeriali se ne può prevedere l’estensione automatica alle unioni civili. In tutti i casi almeno uno dei due partner non deve avere superato i 35 anni, l’immobile deve essere acquistato nel 2015 o 2016, deve essere la prima casa. Il bonus è una detrazione IRPEF al 50%, con tetto a 16mila euro, per l’acquisto dei mobili per la nuova casa
    Infine, per chi affitta immobili ad uso abitativo c’è la cedolare secca, imposta sostitutiva del 21% sul canone di locazione, ridotta al 10% per i contratti a canone concordato nei comuni con carenza abitative o ad alta tensione abitativa.
    Mutuo prima casa
    C’è la possibilità di sospendere le rate del mutuo fino a 18 mesi per contribuenti con ISEE fino a 30mila euro. Il mutuo non deve essere superiore a 250mila euro. Deve intervenire una situazione di temporanea difficoltà economica dovuta al decesso di uno dei titolari, infortunio o handicap, predita del lavoro. L’intervento è garantito dal Fondo di solidarietà per i mutui acquisto prima casa del MEF. C’è anche un secondo strumento attivabile per sospendere le rate del mutuo, in questo caso per 12 mesi, ovvero l’accordo per il credito ABI – associazioni consumatori, intervento anch’esso destinato a casi di sospensione del lavoro o riduzione temporanea orario lavorativo.
    mutui
    Un’altra misura è costituita dalla garanzia pari al 50% del mutuo per acquisto o ristrutturazione prima casa, fino a 250mila euro. Tassi agevolati per under 35, giovani coppie, nuclei monogenitoriali con figli minori, conduttori di alloggi IACP (istituto autonomo case popolari).
    mutui
    Leasing immobiliare
    Novità introdotta dalla manovra 2016, consente a giovani under 35 oppure, se di età superiore, con reddito fino a 55mila euro, che stipulano contratti di leasing per la prima casa, che non abbiano già un appartamento di proprietà. E’ un contratto di leasing, che quindi prevede il pagamento di un canone per un periodo concordato, al termine del quale l’inquilino può riscattare l’immobile, sempre applicando un prezzo originariamente pattuito. La norma prevede anche agevolazioni fiscali. Per i giovani fino a 35 anni l’agevolazione prevede detraibilità 19% canone di leasing, fino a 8mila euro annui, detraibilità al 19% del prezzo del riscatto, fino a 20mila euro. Per gli altri destinatari, la detraibilità al 19% si applica a un tetto massimo di 4mila euro, e quella sul prezzo del riscatto a un limite di 10mila euro.
    Prestito ipotecario
    I proprietari di immobili con almeno 60 anni possono ricorrere al Prestito Ipotecario Vitalizio, che consiste nella conversione di parte dell’immobile in un prestito ipotecario. In caso di decesso del mututatario, gli eredi possono estinguere il debito residuo, cancellando quindi l’ipoteca sull’immobile, vendere l’immobile, lasciare che lo venda la banca mutuataria (con diritto ad incassare la differenza e tutela se il prezzo è inferiore al debito, caso in cui la banca non può chiedere nulla all’erede). La domanda va presentata alla banca.
    Polizze sui prestiti
    C’è un accordo del 2013 fra ABI (banche), Assofin (intermediari finanziari) e associazioni dei consumatori per promuovere la diffusione di polizze assicurative, vita o danni, che proteggono da eventi che riducono la capacità di rimborsare il mutuo.
    Fonte: Mef
  • Barbara Weisz - 10 giugno 2016
La Voce dei Condomini BLOG di Leonardo Donofrio: Guida Fare Casa: credito e agevolazioni fiscali: Garanzie sul mutuo, leasing immobiliare, agevolazioni per acquisto e ristrutturazione immobili, bonus mobili, prestito ipotecario: Guida ...