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martedì 13 dicembre 2016

Governo Gentiloni, linea e misure


Paolo Gentiloni forma il nuovo Governo: priorità nuova legge elettorale e ricostruzione zone terremotate. Invariati i ministeri economici, Alfano agli Esteri, Minniti agli Interni, novità Rapporti con il Parlamento e Istruzione.


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C'era una volta



Punto primo: la legge elettorale. Punto secondo: continuità con il Governo Renzi, con un governo sostenuto dalla stessa maggioranza. Il tutto, all’insegna del “senso di responsabilità”, con l’impegno ad assicurare un Governo con pieni poteri che possa affrontare le priorità internazionali, economiche e sociali, a partire dalla ricostruzione delle zone terremotate. Sono le linee guida indicate da Paolo Gentiloni, che ha presentato la lista dei ministri che formano il nuovo Governo (giuramento, nella serata di lunedì 12 dicembre, fiducia alle Camere nei due giorni seguenti).

Nessuna cambiamento fra i ministeri economici: Pier Carlo Padoan resta all’Economia, Carlo Calenda allo Sviluppo Economico, Giuliano Poletti al Lavoro, Maurizio Martina alle Politiche Agricole. Il ministero degli Esteri (che nel governo Renzi era ricoperto dallo stesso Gentiloni), va ad Angelino Alfano, gli Interni a Marco Minniti.
Le altre novità: Anna Finocchiaro ai Rapporti con il Parlamento al posto di Maria Elena Boschi, che diventa sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Claudio De Vincenti passa alla Coesione Territoriale e Mezzogiorno (nuovo dicastero). Avvicendamento all’Istruzione, dove arriva Valeria Fedeli, entra Luca Lotti ministro dello Sport (anch’esso, nuovo ministero).

Come si vede, tempi rapidissimi per la risoluzione della crisi che si è aperta con le dimissioni del premier seguite dalla schiacciante vittoria del no al referendum, congelate per una veloce approvazione della Legge di Stabilità e formulate definitivamente il 7 dicembre.


Il primo atto del passaggio di consegno a Palazzo Chigi è avvenuto domenica 11 dicembre: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha convocato Gentiloni al Quirinale alle 12:30, incaricandolo di formare il nuovo Governo dopo tre giorni di consultazioni, dall’8 al 10 dicembre. Consultazioni che, spiega la nota ufficiale del Quirinale, hanno fatto emergere:

«come prioritaria, un’esigenza generale di armonizzazione delle due leggi per l’elezione della Camera e del Senato, condizione questa indispensabile per procedere allo svolgimento di elezioni». Mattarella ribadisce: «tra i punti in primo piano, vi è quello che riguarda il sostegno ai nostri concittadini colpiti dal terremoto e l’avvio della ricostruzione dei loro paesi» e si augura che «il clima politico possa articolarsi e svolgersi con un rapporto dialettico, come è necessario per la nostra democrazia, ma sereno e costruttivo».



Il premier incaricato, annunciando di aver accettato l’incarico, ripercorre di fatto la linea impressa dal Colle:

«cercherò di svolgere il compito con dignità e responsabilità. Il quadro ampio e articolato delle consultazioni svolte sarà la base del mio lavoro per definire composizione e programma del nuovo governo, e per accompagnare e se possibile facilitare il lavoro delle forze parlamentari per definire con necessaria sollecitudine le nuove regole elettorali». Gentiloni dedica un passaggio a Renzi, ricordando che «dalle consultazioni è emersa la conferma della decisione del presidente Matteo Renzi di non accettare un reincarico» in coerenza con l’impegno più volte manifestato nel corso campagna referendaria, e sottolineando come questa coerenza meriti «rispetto da parte di tutti». Quindi, spiega che la maggioranza non cambierà, in considerazione del fatto che dalle consultazioni è emersa «l’indisponibilità delle maggiori forze di opposizione a condividere responsabilità in un nuovo governo». E conclude dichiarandosi consapevole «dell’urgenza di dare all’Italia un governo nella pienezza dei poteri, per rassicurare i cittadini e per affrontare con massimo impegno e determinazione le priorità internazionali, economiche, sociali, a cominciare dalla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto».


Paolo Gentiloni è stato due volte ministro della Repubblica, alle Comunicazioni nel secondo governo Prodi (2006 – 2008), e agli Esteri nell’esecutivo uscente guidato da Renzi. Nato a Roma 62 anni fa (nel 1954), laureato in Scienze Politiche, giornalista, è entrato in parlamento nel 2001 con la Margherita (di cui è stato fra i fondatori). Le prime esperienza politiche negli anni della gioventù nella sinistra extraparlamentare e poi fra gli ambientalisti, è stato portavoce del sindaco di Roma Francesco Rutelli, e assessore al Giubileo nella Capitale. Ha anche partecipato nel 2012 alla primarie del PD per il sindaco di Roma. Come ministro della Comunicazioni tentò la riforma della legge Gasparri sull’emittenza radiotelevisiva, che non passò. E’ deputato del PD, è diventato ministero degli Esteri in sostituzione di Federica Mogherini (nominata Alto rappresentante per la Politica Estera UE).


DEF 2015: il Piano riforme

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il DEF, il Piano nazionale delle riforme e l'allegato Infrastrutture che definisce le linee guide della politica economica del Paese per i prossimi tre anni. Margine sul deficit dello 0,1%, che si traduce in un bonus di circa 1,6 miliardi da investire. Non ci sono tasse nuove, niente tagli a Comuni e Regioni.

Il premier Uscente, Matteo Renzi, ha inviato al successore una lettera di passaggio di consegne elencando i punti fondamentali del lavoro svolto dal suo governo e le cose ancora da fare: proseguire con l’attuazione del Jobs Act, focus su politiche sociali, per la famiglia, pensioni (con la Riforma inserita nella Legge di Stabilità appena approvata), il pressing sull’Europa per maggiore flessibilità nell’applicazione del Pazzo di Stabilità, misure per il rilascio degli investimenti delle imprese (anche qui, c’è un nutrito pacchetto in Legge di Stabilità), Riforma della PA, politiche per l’immigrazione.

Il mandato del Governo Gentiloni, comunque è chiaramente incentrato sull’approvazione di una nuova legge elettorale, dopo la quale (presumibilmente) verranno sciolte le camere per andare a nuove elezioni politiche. Come è noto, ci sono forze politiche che vorrebbe andare al voto prima dell’estate (M5S,Lega Nord, i renziani del Pd), mentre Forza Italia sembra più disponibile a una legislatura fino al 2018. Importante l’appuntamento del 24 gennaio con la sentenza della Corte Costituzionale, che deciderà sulla legittimità dell’Italicum (legge valida solo per la Camera). Ci sono forze politiche (Fratelli d’Italia), che sottolineano come il parlamento possa comunque iniziare a lavorare sulla legge elettorale prima del pronunciamento della Consulta. In definitiva, le posizioni delle forze politiche sono quelle già emerse nei giorni scorsi, ora il punto è quanto tempo ci vorrà per approvare una nuova legge elettorale.
Barbara Weisz - 12 dicembre 2016

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