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lunedì 18 aprile 2016

Canone RAI in bolletta, stop dal Consiglio di Stato

  

Il Consiglio di Stato sospende il parere sul decreto attuativo della Riforma del Canone RAI: lacunoso, poco chiaro e senza tutela della privacy


Il decreto attuativo della Riforma del Canone RAI in bolletta è da rifare: manca una puntuale definizione di “apparecchio televisivo”, non tutela la privacy degli utenti, non formula con chiarezza le regole, non prevede informazione per gli utenti e non ha il formale via libera del ministero dell’Economia: a muovere i rilievi è il Consiglio di Stato, che sospende il parere sul provvedimento e invita il Governo a integrarlo. Non male, considerando che le scadenze per presentare la domanda di esenzione sono alle porte (30 aprile e 10 maggio, per presentazione cartacea e telematica).


In vista dovrebbe esserci una proroga al 15 maggio, ma alla luce del pronunciamento questa manciata di giorni non sembra sufficiente a mettere nel frattempo le norme in regola, forse neppure per partire il primo luglio 2016.
Ma vediamo punto per punto i 
rilievi mossi dalla giustizia amministrativa.

Innanzitutto, c’è un vizio formale, perché la legge che istituisce il canone RAI in bolletta (comma 154 della legge 208/2015), prevede che il decreto attuativo sia emanato dallo Sviluppo Economico di concerto con l’Economia, che invece ha fornito un semplice assenso. Ci sono poi una serie di questioni sostanziali, che nell’atto del Consiglio di Stato sono definiti

«profili di criticità che dovrebbero trovare soluzione prima della sua definitiva approvazione, anche al fine di non condizionare il grado di efficacia di tale strumento normativo».


Innanzitutto, nel testo del regolamento manca

«un qualsiasi richiamo ad una definizione di cosa debba intendersi per apparecchio televisivo».

Non viene nemmeno specificato che il

«canone deve essere corrisposto per un unico apparecchio, prescindendo dall’effettivo numero di apparecchi posseduto dal singolo l’utente».

In realtà, nel provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 24 marzo, che contiene anche il modello per l’esenzione, sono specificate entrambe le cose. Il punto è che, però, tutto questo dovrebbe essere scritto anche nel decreto ministeriale, che invece non specifica nulla:

  • per apparecchio televisivo si intende un televisore che riceve il digitale terrestre oppure il segnale satellitare (quindi non si paga per guardare le trasmissioni RAI via Internet, utilizzando un pc o smartphone);
  • il canone è dovuto una sola volta a prescindere non solo dal numero di televisori nella prima casa, ma anche dall’eventuale possesso di altri immobili dotati di apparecchi televisivi.
    In secondo luogo, il meccanismo attraverso il quale viene addebitato il Canone RAI in bolletta prevede un notevole scambio di dati e informazioni fra diversi enti (Anagrafe tributaria, Autorità per l’energia elettrica, Acquirente unico, Ministero dell’Interno, Comuni, società private). Ebbene, secondo i magistrati amministrativi questo
    «necessariamente implica profili di rispetto e tutela della privacy».
    Questi accorgimenti invece non sono previsti. Nelle norme in esame, anzi, non c’è alcun riferimento alla  problematica che, viceversa, potrebbe trovare soluzione almeno esplicitando che le procedure:
    «avvengano nel rispetto della normativa sulla privacy, sentito il Garante per la protezione dei dati personali».
    Le norme previste nel decreto, infine, non sono sempre:
    «formulate in maniera adeguatamente chiara, tenendo conto dell’ampia platea di utenti» a cui si rivolgono.
    Per esempio, l’articolo che individua gli utenti obbligati al pagamento del Canone RAI:
    «utilizza formule tecniche di non facile comprensione per i non addetti al settore». Tanto più che il decreto non prevede:
    «forme adeguate di pubblicità, rispetto all’elevato grado di diffusione raggiunto dal mezzo televisivo».
    Conclusione:
    la sezione consultiva per gli atti normativi «invita l’amministrazione a rivedere il testo regolamentare nel suo complesso», e a «dare la massima diffusione, nelle forme ritenute più opportune, alle disposizioni del procedimento di riscossione», con «particplare riferimento a quelle che implicano adempimenti a carico dell’utenza». Nel frattempo, sospende «l’espressione del parere in attesa che l’Amministrazione integri il testo trasmesso».
    Non è chiaro cosa succede ora: in teoria, ci sono ancora poche settimane di tempo per chiedere l’esenzione dal canone. E dal prossimo mese di luglio arriveranno gli addebiti in bolletta. Certo, senza un decreto attuativo ministeriale, esplicitamente richiesto dalla Legge, difficilmente potranno essere rispettati questi termini.
    Il Codacons chiede che non venga inserito il canone RAI in bolletta.
    «fino a quando non saranno superate le critictà rilevate», e anzi invita il Governo a «rinunciare del tutto al provvedimento».
    Dal ministero dello Sviluppo Economico, invece, arriva la reazione del sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, secondo il quale:
    «quella del Consiglio di Stato non è affatto una bocciatura ma un utile suggerimento di integrazioni e chiarimenti peraltro assolutamente nella prassi dei pareri del Consiglio stesso».
    Comunque lo si voglia chiamare, il parere del Consiglio di Stato blocca il provvedimento applicativo sulla Riforma del canone RAI in bolletta. E aumenta il caos fra i contribuenti, alle prese con adempimenti e scadenze che a questo punto sembrano difficili da rispettare.

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