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lunedì 21 settembre 2015

Tari, interviene la Commissione Tributaria: “Non va pagata se non si producono rifiuti”

Esistono balzelli che si pagano anche se non dovuti. Uno di questi potrebbe essere la Tassa sui rifiuti il cui pagamento, stando a una sentenza della Commissione Tributaria di Reggio Emilia, potrebbe essere evitato in determinati casi specifici.
Si pensi alle imprese, ad esempio, che provvedono già a forme di smaltimento autonome perchè produttori di rifiuti speciali come plastica, legno, carta e rifiuti agricoli: pur non usufruendo del servizio sono assoggettate al pagamento di pesanti importi per lo smaltimento dei rifiuti che di fatto non generano.
Esiste una vera e propria casistica di esclusione da tassazione per i rifiuti prodotti dalle aziende agricole, ma in un recente caso deciso dalla CTP di Reggio Emilia la questione riguarda un negozio , il cui titolare ha eccepito che la TARI è nata per colpire chi inquina o chi produce rifiuti che devono essere smaltiti tramite il servizio di raccolta comunale, non chi non produce rifiuti neppure potenzialmente.
La TARI è disciplinata da norme comunali raccolte in un Regolamento nel quale sono precisati i presupposti dell’imposta (la produzione di rifiuti inquinanti) e le modalità applicative.
Non è però detto che tutti i Regolamenti comunali siano uguali, né che i presupposti in essi stabiliti siano obbligatoriamente applicabili quando non rispettano il principio generale di tassazione o, comunque, siano contrastanti con il principio della ragionevolezza.
Se il presupposto della tassazione è quello di colpire chi produce rifiuti inquinando allora bisogna guardare all’attività che viene svolta ed alla potenzialità di questa di produrre o meno rifiuti.
Nel caso di specie, l’attività svolta dal ricorrente consisteva principalmente nell’acquisto di vino sfuso, immesso dal fornitore in cisterne tramite pompe o consegnato in fusti d’acciaio per la vendita alla spina, che poi venivano resi vuoti alla cantina fornitrice. Il vino veniva poi venduto ai clienti mediante l’uso di contenitori di loro proprietà, o che possono acquistare in negozio per poi riutilizzare senza produrre alcun rifiuto.
Inoltre si mette in discussione il principio per cui una gelateria o una rivendita all’ingrosso di prodotti alimentari confezionati, o una panetteria, inquinano come un supermercato o una pescheria o un negozio di frutta e verdura, bastando la sola osservazione della realtà negli stessi mercati generali comunali per comprendere facilmente le differenze, a livello di quantità di rifiuti prodotti fra una e l’altra delle attività sopra indicate.
Inoltre anche la tassa rifiuti non può sfuggire al principio della capacità contributiva che, nel caso esaminato, sarebbe difficilmente applicabile perché incongruo e non corrispondente alla realtà.
L’attività svolta come sopra descritta evidenzia la assoluta assenza di potenzialità a creare rifiuti, dal che deriva la illogicità del regolamento comunale che non permette di distinguere fra attività inquinanti o che producono rifiuti ed attività che invece non sono in grado di produrne.
A questo punto sembrerebbe legittimamente applicabile anche il principio di proporzionalità dei rifiuti prodotti e di quantità di rifiuti conferiti al servizio di smaltimento comunale, considerato che coloro che provvedono a smaltimento di rifiuti speciali tramite società private, evidentemente non possono produrre la stessa quantità di rifiuti di altre attività che invece conferiscono tutti i rifiuti prodotti al servizio comunale stesso.
Attualmente, nella maggior parte dei regolamenti comunali è prevista una percentuale forfetaria di riduzione della TARI nei confronti di coloro che smaltiscono i rifiuti tramite servizi privati, ma se i rifiuti prodotti fossero solo di quella natura, allora il regolamento potrebbe essere illogico e punitivo nei confronti di quei soggetti che, oltre ad effettuare lo smaltimento per proprio conto, non possono produrre potenzialmente altri rifiuti, essi pagherebbero lo smaltimento due volte, di fatto.
Pertanto, se l’attività esaminata non comporta alcuna produzione di rifiuti e non inquina, non è logico che il regolamento comunale non ne preveda l’esenzione da tassazione.
Se il presupposto della tassazione è quello di colpire chi produce rifiuti inquinando allora bisogna guardare all’attività che viene svolta ed alla potenzialità di questa di produrre o meno rifiuti.
La Commissione Tributaria Provinciale ha il potere di “dichiarare non applicabili, i regolamenti e gli atti generali comunali, a parte ricorrente, in relazione all’oggetto dedotto in giudizio” e dunque può esprimersi sul punto.
La decisione della CTP di Reggio Emilia potrebbe creare quel precedente a cui tanti titolari di piccole e medie aziende potrebbero appellarsi per evitare l’esborso della tanto odiata tassa.

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